IL TRIBUNALE Il Presidente della Sezione Agraria specializzata del Tribunale di Ancona, statuendo nel procedimento cautelare agrario di prima istanza n. 101699/2008 R.G.; a scioglimento della riserva posta all'udienza cautelare del 27 febbraio 2009; O s s e r v a Con ordinanza 18 marzo 2009 il Tribunale di Ancona Sezione Agraria, come giudice del reclamo ex art. 669-terdecies C.P.C. Novella legge 14 maggio 2005 n. 80, ha dichiarato la nullita' dell'ordinanza 14 ottobre 2008 emessa dal Presidente della Sezione Agraria Specializzata (ex art. 669-sexies c.p.c.), reiettiva di altro ricorso cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. proposto da Chessa Matteucci Yuri, Azienda Agricola Eredi di Chessa Sebastiano e Gerani Maria avverso Moriconi Gianfranco), in altro procedimento cautelare n. 100654/2007 R.G. incorrendo nel divieto di ultrapetizione-extrapetizione, di cui all'art. 112 c.p.c.. La detta nullita' e' stata dichiarata (dall'organo collegiale) per asseriti vizi di forma dell'ordinanza reclamata. I reclamanti non avevano affatto richiesto detta declaratoria di nullita'; in giuoco era, in via preliminare, la sola reclamabilita' (o non reclamabilita') dell'ordinanza cautelare di 1° grado. Nessuna contestazione era stata rivolta (dai reclamanti) alla competenza funzionale monocratica del Presidente della Sezione Agraria Specializzata, ragion per cui il Collegio, investito del gravame, avrebbe dovuto limitarsi ad esaminare: 1) se il provvedimento fosse (o meno) suscettibile di reclamo; 2) il fumus boni juris; 3) il periculum in mora. Detto per incidens et ad colorandum, la giurisprudenza non condivisa dal Collegio (in tema di competenza funzionale presidenziale) data dalla prima meta' degli anni Novanta, che coincidono, non contingentemente, con la Novella legge 26 novembre 1990, n. 353, che ha profondamente «innovato» la materia dei procedimenti cautelari. Irritualmente, l'organo collegiale ha applicato, nella concreta fattispecie, l'art.161 c.p.c. (nullita' della sentenza). In nessuna norma procedurale, il legislatore ha esteso la disciplina della succitata disposizione di legge anche alle ordinanze, provvedimenti ben diversi, per loro natura non definitivi ma interinali. Cio' in linea principale. Sull'argomento in linea gradata, si tornera' piu' avanti nel corso della presente motivazione. Fin dal 1993-1994 (1° gennaio 1993 epoca di ingresso in vigore della Novella 1990, ingresso anticipato dal legislatore per i procedimenti cautelari) lo scrivente ha sempre rimarcato quanto segue. Il nostro ordinamento giuridico nazionale conosce la «tassativita' dei mezzi di gravame». Cio' vale per le sentenze, ma anche per le ordinanze e per i decreti. Non vi e', in punto, estensione interpretativo-analogica. L'art. 669-terdecies c.p.c., tanto nella versione della Novella 1990, quanto nella versione della Novella 2005, non contempla alcuna forma di reclamo avverso l'ordinanza emessa dalla Sezione Agraria Specializzata del Tribunale di Ancona (cio' tanto se si accredita la tesi, di chi scrive, della monocraticita', quanto se si ritenga valida la tesi della collegialita' espressa dall'organo del gravame). Il secondo comma dell'art. 669-terdecies prevede un unico caso di reclamo avverso ordinanza cautelare collegiale di 1° grado, quando cioe', ovviamente esclusivamente in corso di causa, sia la Corte d'Appello ad emetterla, nel qual caso il mezzo di gravame si propone ad altra Sezione della stessa Corte, o, in mancanza, alla Corte d'Appello territorialmente piu' vicina. Nessuna analogia e' praticabile nella concreta fattispecie, come erroneamente implicitamente ritenuto dal Collegio, essendo la Sezione Agraria Specializzata (in composizione monocratico collegiale) organo giurisdizionale di prima istanza. Il Collegio sembra avere applicato «acriticamente» l'art. 26 primo - secondo - terzo comma legge 11 febbraio 1971, n. 11 (Nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici). Il primo comma non e' da ritenersi esclusivo e preclusivo della competenza presidenziale in materia cautelare. La esclusiva competenza della Sezione Agraria Specializzata, di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320, comprende tanto i provvedimenti di competenza presidenziale, quanto quelli di competenza collegiale. Anche il Presidente della Sezione Agraria Specializzata fa parte di quest'ultima. Il secondo e terzo comma, ad avviso dello scrivente, sono da ritenersi implicitamente abrogati alla luce della Novella 1990 art.669-quaterdecies c.p.c., laddove e' detto che «Le disposizioni della presente Sezione si applicano ai provvedimenti previsti nelle sezioni II, III e V di questo capo, nonche', in quanto compatibili, agli altri provvedimenti cautelari previsti dal Codice civile e dalle leggi speciali ecc... Ora, si fa notare quanto segue. Un sequestro (conservativo o giudiziale), un provvedimento cautelare interdittale possessorio (ex art. 703 c.p.c - 1168 o 1170 c.c), un provvedimento cautelare atipico (ex art.700 c.p.c.) rientrano nel novero delle cautele (tipiche o atipiche) non previste dal Codice civile ne' da leggi speciali, bensi' dal Codice di Procedura civile; anche nel procedimento possessorio penale l'art. 703 codice diritto. Il loro contenuto e' identico a quello delle controversie giuscivilistiche o giuslavoristiche. La diversita' del rito agrario (mutuato dal rito giuslavoristico) incide sul modus procedendi (es. ricorso, domanda in via riconvenzionale, notificata, d'ufficio, dalla cancelleria civile, e non su impulso di parte), ma non sul modus procedendi delle singole misure cautelari. Non si tratta di un «sequestro tributario», disposto con decreto «inaudita altera parte» dal Presidente del Tribunale, poi confermato, eventualmente, con ordinanza (sempre presidenziale). La peculiarita' del «sequestro fiscale» e' data dal fatto che, conclusa la fase cautelare, dinanzi all'AG (presidenziale) il Presidente del Tribunale fungitur munere suo; trasmette gli atti, per il giudizio tributario di merito, alla Commissione Tributaria di 1° grado. Il secondo comma della citata legge 11 febbraio 1971, n. 11, nell'investire le Sezioni Agrarie Specializzate dei provvedimenti cautelari, relativi alle controversie di competenza delle stesse Sezioni, non traccia distinzione di sorta fra Presidente della Sezione Agraria e organo collegiale; entrambi gli organi giurisdizionali, come gia' pocanzi accennato, vi appartengono. Questo giudice ha ritenuto, invece, implicitamente abrogato, per contrasto con la nuova normativa in tema di procedimenti cautelari (art. 669-terdecies e quaterdecies, il primo anche nella nuova versione 2005) il terzo comma del citato art. 26, laddove vieta, implicitamente, l'emissione di decreto «inaudita altera parte» nella ipotesi di sequestro, conservativo o giudiziario che sia, prevedendo, in punto, il rito in camera di consiglio «dopo aver sentito le parti». Anche a voler ritenere, come erroneamente da parte del collegio giudicante, che l'«inaudita altera parte» possa ravvisarsi solo in casi di eccezionale urgenza, cio' contrasterebbe con il tenore univoco della norma, che non sembra conoscere eccezioni di sorta, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice collegiale. Per quale motivo, allorche' siano in giuoco interessi che gravitino nella sfera del diritto agrario, non e' consentito al giudice investito della domanda cautelare (specie ante causam) ritenere che la convocazione della controparte possa pregiudicare l'attuazione del futuro emanando provvedimento di cautela, quale che esso sia? Anche in controversie del genere, la controparte, posta sull'avviso, ben potrebbe porre in essere nelle more intercorrenti fra il deposito del ricorso e la comparizione delle parti, atti (giuridici e materiali) dispositivi del diritto controverso, concretizzando cosi' quel «pericolo superiore alla media», in ogni procedura cautelare, che la miglior dottrina definisce «pericolo al quadrato». Ove non si accetti la tesi (dello scrivente) di abrogazione implicita del detto 3° comma (che oltretutto sembra discriminare, ulteriormente, la fattispecie del sequestro, conservativo o giudiziario che sia, rispetto alle altre fattispecie cautelari), per contrasto con gli artt. 669-terdecies e quaterdecies c.p.c., il comma medesimo dovrebbe essere ritenuto palesemente viziato da incostituzionalita', per lesione (ex artt. 2 e 3 Carta costituzionale) di fattispecie obiettivamente identiche, che vengono ad essere tutelate in grado minore rispetto alla sfera giuscivilistica, per il solo fatto di originare da contenzioso agrario. In ogni caso, il decreto «inaudita altera parte» mal si concilia con, il rito camerale e con la composizione collegiale dell'organo monocratico, che si estende anche a n. 2 Esperti (non togati). Argomento ulteriore a favore della tesi di chi scrive, risiede nella seguente testuale pronuncia giurisprudenziale: «Anche le norme generali, relative a tutti i procedimenti cautelari inserite dalla legge di riforma 26 novembre 1990, n. 353, nella sezione prima del capo III del libro I del c.p.c. si dichiarano (nell'art. 669-quaterdecies) applicabili anche ai provvedimenti contemplati nella sezione II (relativa al sequestro), mentre solo per altri provvedimenti sono applicabili in quanto compatibili» cio' non toglie che per la «disomogeneita'» delle varie misure, nulla impedisca al legislatore di modulare diversamente alcuni aspetti dei vari procedimenti con speciali norme (Corte costituzionale sent. n. 237 del 1995). Quindi, i cosiddetti «altri provvedimenti», come gia' accennato nel caso della presente motivazione, non sono i provvedimenti di ordinaria amministrazione (possessori, sequestri, art. 700 ecc.) gia' conosciuti dal c.p.c., ma quelli rinvenibili in altri testi legislativi (ex art. 1137 C.C. in tema di sospensione delle delibere assembleari annullabili perche' contrarie alla legge o al regolamento di condominio; altro esempio: ordinanza in tema di provvisionale in cause relative a lesioni da incidenti stradali, ieri legge 24 dicembre 1969, n. 990; oggi Codice delle assicurazioni 2005). Cio' sembra confermare la tesi (di chi scrive) circa l'esigenza di colmare, specie all'esito della non condivisibile ordinanza collegiale, la lacuna insita nell'art. 669-terdecies c.p.c. in tema di cautela emessa dalla Sezione Agraria Specializzata. Chi scrive ritiene che la competenza funzionale dell'organo presidenziale sia desumibile da quanto, notoriamente, avviene in tema di emissione di decreti ingiuntivi, e, soprattutto, il che e' ancora piu' determinante ai fini che interessano nella presente sede, in tema di procedure di accertamento tecnico preventivo, ex art. 696 c.p.c. («novellato» dalla riforma 2005) ed ex art.696-bis stessa codicistica (consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite). Non puo', obiettivamente denegarsi che, pur trattandosi, nella specie, di «procedimenti di istruzione tecnico preventiva» (tesi, cioe', ad evitare la dispersione delle fonti di prova e ad evitare ogni potenziale pericolo di inquinamento probatorio), gli stessi abbiano vera e propria natura cautelare, e, come tali, siano finalizzati all'instaurazione di un futuro giudizio di merito, e, ove instaurato, siano, nello stesso, utilizzabili. Il terzo comma del «novellato» art. 696 (cosi' come il secondo comma del pregresso art. 696) non distingue, quanto all'a.t.p., fra cause civili e contenzioso agrario, menzionando la competenza del Presidente del Tribunale (leggi nelle vertenze agrarie, il Presidente della Sezione Agraria Specializzata). La natura cautelare dell'a.t.p. e' ribadita da quanto segue; l'accertamento tecnico preventivo, di cui all'art. 696 c.p.c., presuppone il periculum in mora, ed e', quindi, riferibile alla varieta' dei casi nei quali potrebbe verificarsi, prima del giudizio, la dispersione degli elementi di prova inerenti ad un preteso diritto (Cass. 4 luglio 1953, n. 2088; Cass. 20 maggio 1959, n. 1511). Ora, il periculum in mora e' elemento comune tanto alle procedure cautelari generali (di cui agli artt. 670-671-700 c.p.c.-1168-1170 C.C. ecc.)regolate dagli artt. 669-bis - quaterdecies c.p.c., alcune delle quali finalizzate ad anticipare gli effetti della decisione sul merito, quanto alle procedure cautelari «tipiche» di cui agli artt. 696 e 696-bis Codice di rito. Tant'e' che spetta esclusivamente al giudice di merito valutare se sussista il requisito dell'urgenza, richiesto dall'art. 696 c.p.c. per far luogo alla consulenza tecnica giudiziale preventiva (Cass. 25 marzo 1972, n. 941 ed altre). Certo, la presente tematica non e' totalmente nuova. Ritiene, tuttavia, lo scrivente che la Consulta possa esaminarla alla luce delle nuove argomentazioni stricti juris, prospettate nella presente sede. E' indubbio che la diatriba verta in tema di normative processuali, pregresse ed attuali. Per quanto concerne la tematica dei procedimenti cautelari in materia di diritto agrario, il legislatore non ha dettato norme transitorie, regolanti diversamente la materia (Cass. 5 agosto 87, n. 6739). Il decreto «inaudita altera parte», per il suo stesso contenuto, riveste natura interinale (in via provvisoria ed urgente); non e' definitivo; e' suscettibile di conferma, modifica, revoca all'esito dell'udienza di comparizione delle parti; il giudice decide, al riguardo, con ordinanza, previo il contraddittorio processuale delle parti medesime. Tale, ove non si ritenga il detto terzo comma art. 26 legge11 febbraio 1971, n. 11 implicitamente abrogato per suo netto oculare evidente contrasto con gli artt. 669-bis e segg. c.p.c. (in particolare con gli artt. 669-terdecies e quaterdecies), va ritenuto incostituzionale, anche, ulteriormente, per evidente palese contrasto con il secondo comma, cit. norma, discriminando fra i vari tipi di procedimenti cautelari, tutelando, in modo minore, il sequestro rispetto alle altre procedure di cautela,minore cautela che non si legittima e giustifica in alcun modo, solo se si rifletta sull'essenza ed urgenza insita, tanto nel sequestro giudiziario (di cui all'art. 670 c.p.c.), quanto nel sequestro conservativo di cui all'art. 671 c.p.c.), ove si deve valutare il fondato (o meno) timore, in capo al creditore istante, di perdere la garanzia del proprio credito. Il legislatore, a ragione, ha riservato il «rito camerale» alla sola fase del reclamo, richiamando, nel terzo comma dell'art. 669-terdecies c.p.c., per relationem, gli articoli 737 e 738 in tema di procedura in Camera di consiglio. Detto richiamo non e' reiterato nell'art. 669-sexies, primo comma, prima parte c.p.c., ove e' detto, in esordio, «omessa ogni formalita' non essenziale al contraddittorio», contemplandosi liberta' di forme nel modus procedendi, quella liberta' di forme totalmente inibita dal citato terzo comma legge 11 febbraio 1971, n. 11. Tra l'altro, il rito camerale consta di minore tutela delle parti; tant'e' che il legislatore, con la Novella 1990, lo ha riservato alla sola fase del reclamo (che consiste nel riesame, in fatto e diritto, delle problematiche trattate nella fase cautelare di 1° grado). L'esegesi espressa dal Collegio non sembra proprio conforme alla Corte costituzionale. Se una norma di legge sia suscettibile di piu' interpretazioni, di cui una darebbe alla norma un significato costituzionalmente illegittimo, il dubbio, in tal caso soltanto apparente, deve essere superato interpretando la norma (nella specie il dettato internormativo) in senso conforme alla Costituzione medesima, Cass. 10 marzo 1971, n. 674, Foro amm., 1971, I, 1, 252; Cass. 27 gennaio 1978, n. 393, Giust. civ., 1978, I, 1123; Cass. 22 giugno 1983, n. 4272, ivi, 1983, I, 2241; Cons. St. 15 febbraio 1972, n. 100, Foro amm. 1977, I, 134; Cass. 3 gennaio 1984, n. 7, Giust. Civ., 1984, I, 1513 Cass. 24 maggio 1988, n. 3610, Giur. imp., 1989, 74; Cass. 5 maggio 1995, n. 4906). L'interpretazione secondo Costituzione (cosiddetta «interpretazione adeguatrice») e' momento, costituzionalmente rilevante, di ogni esegesi; conseguentemente, tra due interpretazioni (la prima che tutela sotto il profilo dell'«inaudita altera parte», scongiurando, a priori, il rischio di pregiudicare l'attuazione dell'emananda cautela, la seconda che non tutela sotto detto profilo), l'una conforme e l'altra contrastante con la Carta costituzionale, va certamente preferita la prima (Corte cost. 17 giugno 1999, n. 242). Questo giudice, per numerosissimi anni, come interprete, prima di investire la Consulta del dubbio (non manifestamente infondato) circa la rispondenza di una data norma (o di un complesso intemormativo) al testo costituzionale, ha verificato, antecedentemente all'emissione della recentissima ordinanza collegiale, la possibilita' di giungere ad una lettura della norma stessa, che, nel rispetto, dei tradizionali canoni ermeneutici, consentisse di intenderla in armonia con la costituzione medesima (Cass. 3 febbraio 1986, n. 661, Foro it. 1986, 1, 1898; Cons. St. 18 gennaio 1988, n. 8, Giurit. 1989, 175). Le norme processuali, diversamente da quanto ritenuto dal Collegio del reclamo, sono immediatamente applicabili in quanto disciplinanti le modalita' di svolgimento della lite fino alla sua definizione (Cass. 19 maggio 79, n. 2879, Arch.giur.circ.e succ. 1979, 745). Al contrario, l'organo collegiale ha ritenuto l'«ultrattivita'» di una disciplina processuale (meno favorevole alle parti) emanata sotto la vigenza dell'abrogata Novella procedurale 1950. Non ha, in alcun modo, effettuato la valutazione di «adattamento comparativo» di cui all'art. 669-quaterdecies c.p.c., «residuato» alla piu' recente Novella 2005. Un conto e' la reclarnabilita' del provvedimento cautelare di 1° grado; un conto e' la competenza funzionale dell'organo giurisdizionale «deputato» all'emissione di detto provvedimento cautelare. Torna, a questo punto, d'attualita', il gia' menzionato (in esordio di motivazione) tema del divieto di ultrapetizione-extrapetizione, di cui all'art. 112 c.p.c. Il fine della presente ordinanza e' esclusivamente quello di sollevare «incidente di costituzionalita'», rilevante ai fini decisori della riserva assunta in udienza, perche' non e' questione irrilevante l'individuazione della competenza funzionale. Anche gli artt. 696-696-bis c.p.c. Novella 2005 costituiscono lex specialis quae derogat legi generali (art. 50-bis, primo comma, n. 3) - cause devolute alle sezioni specializzate». Sempre per tuziorismo e scrupolo di motivazione, ad colorandum, va aggiunto quanto segue. La norma dell'art. 50-bis c.p.c, che stabilisce quando il Tribunale debba decidere in composizione collegiale, non attiene alla competenza, ma solo alla ripartizione degli affari all'interno del medesimo tribunale; l'eventuale mancato rispetto di tale ripartizione, conseguente alla trattazione da parte del giudice monocratico di una causa che avrebbe dovuto essere trattata dal collegio, determina secondo quanto precede l'art. 50-quater c.p.c., una nullita' da far valere ai sensi dell'art. 161, primo comma c.p.c., con gli stessi motivi di gravame. (Cass. 9 giugno 2005, n. 12174). Anche nella non condivisibile e denegata ipotesi in cui si ritenga esservi una nullita' processuale, l'esame della stessa non avrebbe potuto essere effettuata dal Collegio del reclamo, perche' non vi era gravame sul punto specifico della monocraticita' (o collegialita'), ma solo sul punto della reclamabilita' (o non reclamabilita') del provvedimento cautelare di 1° grado. Nulla avendo eccepito la parte reclamante al riguardo, era preclusa, in detta sede collegiale, la possibilita' di dedurre, ex officio, la nullita' del provvedimento impugnato perche' sanata per acquiescenza) (Cass. 21 giugno 2005 n. 6071). Va comunque ribadito, per la seconda volta consecutiva, che il presente richiamo all'art.161, primo comma c.p.c. sia per mero tuziorismo e scrupolo di motivazione, perche' la succitata norma attiene alla sentenza e non all'ordinanza. Trattasi, quindi, di mera denegata ipotesi. A suo tempo, con ordinanza del 3 gennaio 1996 G.it. 96,I, 2, 598, l'adita Corte d'Appello di Lecce ritenne, correttamente, l'inammissibilita' del reclamo interposto avverso i provvedimenti cautelari emessi dalla «Sezione Specializzata Agraria del Tribunale», in quanto non espressamente previsto dall'art. 669-terdecies Novella 1990 in tal contesto, la detta Corte ritenne la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 669-terdecies c.p.c., in relazione agli artt. 3 e 24 della Cost. non manifestamente infondata. Con statuizione 96/421, all'epoca, la Consulta ritenne infondata la questione di legittimita' costituzionale medesima, lasciando all'interprete la possibilita' di individuare l'organo competente (a conoscere del reclamo) nel giudizio superiore ovvero in un'altra sezione del tribunale, o, in mancanza, nel tribunale piu' vicino. Attualmente, la pregevole tematica de qua si arricchisce di nuovi elementi e di nuove questioni stricti juris, anche perche', all'epoca, emerse comunque, dal verdetto della Corte cost., come il reclamo, ove ritenuto praticabile, non competesse, in alcun modo, alla Corte d'Appello, per nulla menzionata come giudice del reclamo avverso i provvedimenti emessi dalla Sezione Agraria, nell'art. 669-terdecies c.p.c., non dovendosi identificare il giudice superiore con la detta Corte. La novita' della questione e' data invece dalla ripartizione (gia' commentata) degli affari all'interno del Tribunale, della Sezione Specializzata Agraria. Oltretutto, il fatto che quest'ultima si sia riunita in composizione collegiale (non quindi come Sezione del Tribunale, ma come Sezione Specializzata) costituisce riconoscimento implicito che il primo provvedimento di cautela potesse essere emanato dal Presidente della Sezione, che, torna a ripetersi per l'ennesima volta, non e' certo organo giurisdizionale estraneo alla Sezione medesima. La rilevanza del presente «incidente di costituzionalita'» e' data dall'inderogabile esigenza, per i procedimenti cautelari instaurandit, di garantire la ripartizione interna delle procedure medesime, degli affari giudiziari «introitandi» nel rispetto dell'art. 97 Cost. sull'efficienza, correttezza e buon andamento della P.A ., che la Consulta, con sent.1988 in tema di legge13 aprile 1988 n. 117, ha ritenuto comprensiva anche dell'Amministrazione della Giustizia, in quanto P.A. latu sensu. Anche il rito societario (2003) non conosce la figura del G.I., ma conosce la «mocraticita'» (artt. 23 e 24) del giudice cautelare, ante causam e in corso di causa. L'«ultrattivita'» del procedimento camerale, di cui al terzo comma art. 26 legge 11 febbraio 1971, n. 11, sembra proprio violare anche il detto art. 97 Carta costituzionale, perche' inibisce, come detto e ridetto, la potesta' di ravvisare, in capo al giudice della cautela, gli estremi per la tutela anticipata nelle forme della decretazione interinale «inaudita altera parte». In ogni caso, il rito camerale conosce minore speditezza rispetto al rito (piu' celere), di cui all'art. 669-sexies c.p.c. La rilevanza dell'incidente de quo attiene alla futura «certezza dei rapporti giuridici» sotto il profilo della tutela processuale.